È il giorno di Federico Bernardeschi, che, dopo il comunicato su Violachannel, si è presentato in sala stampa per ufficializzare il rinnovo di contratto fino al giugno 2019. Un prolungamento quadriennale senza opzione per il quinto anno e senza clausola rescissoria. Ecco le sue dichiarazioni:
“Sono arrivato qui a dieci anni e ho sempre saputo cosa è la Fiorentina per un giovane, e soprattutto cosa ha dato a me. Se non ci eravamo trovati d’accordo l’anno non era perché c’erano dietro la Juventus o altre squadre, ma perché dovevamo vedere con la società se il nostro progetto combaciava insieme: così è stato. Non ho mai voluto cambiare aria. Mi sono preso tanti insulti, tante chiacchiere e le ho accettate da professionista non facendo mai polemica. Però sono qui, ho firmato il contratto con la mia squadra dopo tanti anni che sono qui. Non c’è mai stata volontà di andare via da Firenze.
Spero sempre di dimostrare il mio valore. La parte economica conta, non prendo in giro nessuno, però un giovane deve guardare anche ad altro. Perché non ho rinnovato l’anno scorso? Arrivando da un anno di prestito non ero considerato un giocatore “fondamentale”, perché dovevo crescere e maturare, poi c’è stato l’infortunio che mi ha fatto perdere cammino. Quest’anno mi hanno fatto capire che credono e puntano su di me. Io e Babacar per la Fiorentina ye-ye 2.0? Sono pronto perché ho anche un compagno valido. L’anno scorso sono riuscito in piccole parti a dimostrare il mio valore, per cui spero che quest’anno sia la stagione dove posso confermarmi su un grande palcoscenico come Firenze.
Diventare una bandiera della Fiorentina? Ho sempre un po’ sognato questa cosa, però so che non è facile perché sono cambiate società, allenatori e mentalità dei tifosi. Prima devo conquistare Firenze, lo spero tanto. Rossi senza infortuni sarebbe al Real Madrid o al Barcellona, è un fenomeno sia come persona che come calciatore. Gli insulti danno fastidio, la gente secondo me ha creduto un po’ troppo alle voci. Li capisco, perché pensa possa finire così è brutto.
Il numero 10 so benissimo cosa significa. Tante responsabilità e tante pressioni, ed è giusto così perché l’hanno indossato tanta campioni. Quando li vedevo giocare, ad esempio Baggio, dicevo a mio padre ‘magari arrivare lì un giorno con quella maglia‘: sono emozioni che da bambino ti porti dentro. Ho scelto di indossare il numero 10 perché dopo dodici anni sento questa maglia e voglio indossarla perché ogni volta che la guarderò mi darà stimoli per fare sempre meglio. Non è presunzione, ma orgoglio di provare a vestire una maglia del genere in una città come Firenze.
La maglia azzurra fa sempre piacere, non sono arrivato al top all’Europeo Under 21 e per questo ringrazio l’allenatore. Poi voglio ringraziare la famiglia Della Valle, che ha sempre creduto in me portandomi in palmo di mano. Differenze tra Sousa e Montella? Ognuno è fatto a modo suo e vede calcio in modo diverso. Con Montella mi sono trovato bene, con Sousa mi sto trovando bene.
La Fiorentina ha sempre lavorato bene nel settore giovanile e adesso sta dando frutti: io, Baba, poi altri che emergeranno perché sono ragazzi d’oro e giocatori. Capezzi ha fatto bene a Varese, lo stesso Fazzi a Perugia, Lezzerini diventerà un grande portiere, Diakhatè non serve nemmeno che parlo. Dopo così tanto tempo senti di più la maglia. Firenze è una città calda, passionale, ti dà più adrenalina, carica, stimoli, emozioni, più gioie e più dolori: li senti di più. Con Babacar abbiamo sempre parlato del rinnovo, di dove eravamo e di quello che ci aveva dato società, tifosi e colori. Sapevamo dove volevamo restare“.