È di ferro il 10 del futuro. Questo il titolo dell’intervista di Alessandro Bocci a Federico Bernardeschi per Il Corriere della Sera, in edicola quest’oggi. Ecco un estratto con i passaggi più significativi:
“Il primo giorno alla Fiorentina? Un ragazzo come tanti, emozionato e pieno di speranze. Ma già allora sostenuto da una grande convinzione: volevo farcela. Elogi? Sono appena arrivato in serie A e la strada è ancora lunghissima. Consigli a chi comincia a giocare? Dico a loro quello che Sousa dice a me: lavorare, lavorare e ancora lavorare. Drago? Con lui a Crotone c’è stato feeling dal primo giorno. Turbato dalla popolarità? No, penso solo a fare bene a Firenze. Pensato di mollare? Neppure un istante. Sono riuscito a trasformare i periodi neri in occasioni di crescita. L’infortunio? Pensavo potesse essere il mio anno e invece l’ho buttato via, ma sono ripartito con più forza. Anche per questo ho preso la maglia numero 10: non un gesto di presunzione, ma una sfida a me stesso.
Sorpresa Fiorentina? In parte, perché conosciamo le nostre potenzialità e sappiamo il lavoro che stiamo facendo. Per lo scudetto potrebbe anche non mancare niente. Il difficile viene adesso, siamo ripartiti con più determinazione di prima. Il girone di ritorno sarà più complicato, ma non abbiamo paura di nessuno e ragioniamo partita dopo partita. Sousa farà tanta strada, è uno psicologo oltre che un grande tecnico, la sua carica è di grande aiuto. Europei? Una speranza da vivere con serenità. Spero che il 2016 sia il mio e l’anno della Fiorentina; anzi il contrario, perché la squadra viene prima. Privilegiato? Lo sono, inutile nasconderlo. Ma non è stato facile, perché a 9 anni facevo avanti indietro da Carrara, a 15 mi sono trasferito a Firenze senza certezza. La mia famiglia mi ha aiutato”.